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Manicomio di Lucca

Manicomio di Lucca

Fra empatia e arteterapia

Dati tecnici

Data di Costruzione: 1773
Superficie Totale:
188.820 mq.
Superficie Coperta:
18.300 mq.
Numero posti letto nel periodo di massima ricettività:
1.400
Tipologia di manicomio: Padiglioni misti 

Storia della struttura

 

La pazzia è veramente una malattia? Non è soltanto una delle tante misteriose e divine manifestazioni dell’uomo, un’altra realtà dove le emozioni sono più sincere e non meno vive? I pazzi hanno le loro leggi come ogni altro essere umano e se qualcuno non li capisce non deve sentirsi superiore. Mario Tobino – Le libere donne di Magliano, 1953

L’imponente struttura di Magliano, che sorge come ristrutturazione del vecchio Monastero dei Canonici Lateranensi di Santa Maria di Fregionaia sulle colline lucchesi, è da considerarsi principalmente legato al nome di Mario Tobino, primario del reparto femminile nonchè noto scrittore e poeta. Molto prima del suo arrivo, il manicomio di Maggiano è da ricordarsi per le terapie derivate dall’acquisto di un organo a tastiera e cilindro e dall’apertura di una sala da ballo che lo resero, nel 1860, un precursore di quello che sarebbe stata poi la musicoterapia. Nel dopoguerra si insediò Tobino e , durante il suo lungo periodo di attività, vi realizzerà importanti testi sulla difficile realtà manicomiale. Il suo lavoro fu da considerarsi empatico verso i pazienti, anche con quelli più difficili, con cui riusciva ad avere un dialogo ed un rapporto umano.
Questa sua empatia lo porterà ad essere un oppositore della legge 180, da lui vista più come un rischio che come una soluzione.
La struttura è stata definitivamente chiusa nel 1999.

Figura di memoria di riferimento

FONDAZIONE MARIO TOBINO Ente di riferimento per la tutela della memoria del luogo e per la valorizzazione della testimonianza storica e letteraria di Mario Tobino.

Post di approfondimento

La capsula del tempo sepolta in archivio:
suoni e immagini dal vecchio Festival di Maggiano

Molti sostengono che la curiosità sia spesso alla base di alcune professioni e possa determinare talora importanti svolte nel campo della ricerca. Sono perfettamente d’accordo con questa affermazione, vista la mia felice esperienza di curioso ricercatore che, alla fine degli anni ’90, mi ha permesso di riportare alla luce reperti dimenticati di un fecondo periodo di assistenza psichiatrica nell’Ospedale Psichiatrico di Maggiano, in Lucca.

Come membro di team multiprofessionale appositamente destinato alla chiusura definitiva del vecchio manicomio, mi ritrovai a lavorare spesso nella sede dell’antico “maniero della follia” dove i contatti con vecchi infermieri e con i pochissimi amministrativi rimasti mi permisero di impossessarmi progressivamente di piccoli segreti e rivelazioni su quelli che erano stati gli anni d’oro di Maggiano, di quante buone pratiche fossero state attuate in quella sede e di quale buon livello di assistenza e cura, in epoca pre-basagliana, gli operatori psichiatrici di Lucca avessero raggiunto, nonostante la limitatezza del regime custodialistico imposto dalla istituzione manicomiale con tutte le sue pesanti contraddizioni.

Lentamente mi resi conto che la chiusura definitiva dell’Ex Ospedale psichiatrico non poteva seppellire quelle bellissime esperienze, ma anzi doveva rilanciare quanto negli anni era stato messo da parte o dimenticato dagli psichiatri, stigmatizzandolo come mero intrattenimento.

Fu così che mi trovai a fare continue ricerche, rastrellando in ogni dove, scoprendo stanze e luoghi ormai chiusi da anni; soltanto attraverso la memoria di un amministrativo compiacente ebbi la fortuna di accedere ad un’archivio ormai pieno di ragnatele e muffa dove, in fondo ad un armadio dagli sportelli cigolanti, rinvenni una scatola contente materiale davvero interessante che riguardava il Festival della Canzone che si tenne a Maggiano per ben 6 anni , tra il 1960 e il 1968.

Da quella scatola si sprigionò intatta tutta la magia di quell’esperienza: vecchie foto dei festival, pubblicazioni che descrivevano il percorso che, iniziato alla fine degli anni ’50 come ludoterapia con il gruppo musicale dei “Crazy Boys”, aveva portato successivamente all’organizzazione di quella iniziativa che possiamo davvero considerare un grande esempio di riabilitazione psico-sociale ante litteram; una sperimentazione di grande spessore umano e scientifico che preconizzava un importante aspetto della futura rivoluzione psichiatrica che sarebbe avvenuta nel decennio successivo, e che sarebbe forse proprio partita dalla rivalutazione delle capacità riabilitative dell’arte, della musica, forti mezzi per il superamento del pregiudizio e dello stigma psichiatrico assieme al lavoro e all’inserimento socio-abitativo.

Ma l’emozione piu’ forte fu quando, nascosti nel fondo di quell’inaspettato scrigno, potei estrarre dalle loro cartelline blu per ascoltarli i dischi incisi proprio in occasione di quei Festival: nel vinile a 33 giri i terzinati di quei mitici anni sessanta, tipica ritmica delle canzoni di quel periodo, accompagnavano voci che non è possibile dimenticare e che tuttora, nel breve montaggio dell’audiovisivo, ci rimandano il pathos espressivo di quei pazienti, vite spesso dimenticate, di quelle identità perdute e che solo attraverso la leggerezza della musica di quelle sembravano trovare espressione e significato…

 

Il testo e il video qua sopra riprodotti sono opera dello psichiatra Enrico Marchi, membro della Fondazione Tobino, che mi sono stati gentilmente concessi per la loro divulgazione.
Come psichiatra di Lucca, nel 1999, ha avuto l’opportunità di chiudere definitivamente Maggiano, dopo circa due secoli di storia come luogo di cura psichiatrica e circa due decenni dopo la legge Basaglia.

IL VIDEO DEL FESTIVAL DellA CANZONE

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