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Canti minuscoli. L’alfabeto degli invisibili

“Fallo davvero. Non pensare ai soldi. Capito. Fallo subito.”

Le mie mani si bloccano; guardo ancora quel piccolo pezzo di carta di giornale che esce insieme ad altri due ritagli, sempre strappati a mano e che riportano i contatti di due esperti psichiatri, da una piccola busta.

Non pensare ai soldi. Capito. Fallo subito.

Il tempo si ferma in modo inesorabile, il cure batte più forte. Immagino le mani di chi ha scritto questa frase.
Immagino il desiderio, la necessità, il bisogno.
Matita, giornale, desiderio.

Questa richiesta è rimasta dentro una lettera mai spedita fuori dal manicomio per quasi 80 anni.
Io er0 diventato il destinatario involontario di quella straziante richiesta d’aiuto.
E io stavo anche per leggerne il contenuto dopo tutti questi anni di silenzio.

Lettere mai spedite manicomio

Ricordo che il mio primo incontro con il mondo della salute mentale fu a scuola, se non ricordo male nel 1999, proprio durante una lezione di fotografia: eravamo all’interno del Centro per l’arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, stavamo entrando in una stanza dove sedevano degli ex utenti che stavano lavorando un qualcosa di simile all’argilla.

“Non scattate foto ragazzi. Per fotografare queste persone occorre grande sensibilità” sentenziò la docente.

Ricordo che quelle parole mi rimasero ancorate alla pelle. Potevamo entrare nel loro mondo solo in punta di piedi, un passo alla volta, piano piano, con profondo rispetto dell’individuo. Noi eravamo troppo giovani e, soprattutto, non conoscevamo niente della realtà di quegli individui. Non conoscevamo niente sulla salute mentale.
Possiamo raccontare una storia senza conoscere il contesto che la circonda?

Ricordo che guardai quelle persone, rimasi colpito e incantato dalle loro mani che modellavano quel materiale in modo straordinario.
Mani che in silenzio si muovevano leggere, sicure e creative.

La mano, lo strumento comunicativo principale che disponiamo: 27 ossa per un mezzo in grado di creare, stringere, accarezzare, indicare, giocare. 130 ricettori sensoriali per ogni centimetro quadrato, rendono questo arto assolutamente unico nel suo genere.
Le mani sono la nostra finestra di connessione con il mondo perché, oltre alla percezione della pressione e delle temperature, con le mani possiamo impugnare anche strumenti che ci permettono di creare altre cose.

Possiamo impugnare pennelli per pitturare, matite per disegnare, martello e scalpello per scolpire. Oppure una penna per scrivere.

La scrittura, insieme di simboli grafici che trasformano pensieri in concetti.
Trasformano sofferenza in richieste.
Trasformano desideri in scopi di vita.


Perché ricercare le lettere: la voce degli invisibili

Ho scoperto queste composizioni attraverso il libro Corrispondenza negata. Epistolario della nave dei folli (1883-1974) dove, per la prima volta, venivano raccolte in un volume alcune fra le più significative lettere scritte dai pazienti del manicomio di Volterra e mai spedite fuori da quelle mura.
Non possiamo raccontare il manicomio basandoci soltanto sull’architettura e l’estetica dei luoghi, quelli sono il contorno che si snoda intorno all’essenza delle persone.

Un’umanità invisibile confinata fra mura desaturate e le parole inascoltate, un linguaggio invisibile che racconta un periodo storico, il criterio di esclusione da chi stava dal lato sbagliato di quel confine sociale, testimonianza vera e tangibile della sofferenza umana.

Non possiamo raccontare il manicomio tralasciando queste persone e le loro parole, canti minuscoli nello spettacolo dell’invisibile.

Grafie distorte, lucide, rabbiose, ingenue, dettagliate, un manifesto di un’umanità che in silenzio gridava tutte le loro emozioni, tutto il loro disagio in un mondo che ha preferito tapparsi occhi e orecchie.

Lettere che non sono mai uscite dal luogo dove sono state scritte, comunicazione sabotata in grado di trasformarsi in una sorta di messaggio in bottiglia che naviga attraverso il mare del tempo.
Per giungere a noi, fra le nostre mani, carica ancora di quella polvere che sancisce la distanza siderale fra il desiderio di chi stava scrivendo e l’apertura del messaggio.

Quanto può essere doloroso immaginarsi il grido di una persona soltanto attraverso la scrittura?

Qua di seguito una selezione di quattro autori che, durante un mio progetto di digitalizzazione, mi hanno colpito in modalità differenti: Annalisa per la purezza, O. per il dramma, ML. per la qualità lessicale e la composizione grafica e DO. per i contenuti.

E adesso possiamo ti lascio alle parole dei protagonisti


1. Annalisa e le lettere dal manicomio

Lettere mai spedite dal manicomio Annalisa

2017. La mia prima esperienza in archivio alla ricerca di lettere mai spedite. Faccio un breve sopralluogo e mi imbatto nelle lettere di Annalisa: la sua completa produzione è composta da 4 lettere scritte dal 1938 al 1941

4 anni in manicomio. Quanto basta per modificare completamente la scrittura e il senso di spazio nel foglio.
Qui di seguito una trascrizione di una delle 4 lettere.

In tutti i testi qua riprodotti ho preservato gli errori grammaticali e la struttura grammaticale come manifestazione dell’originalità e dell’autenticità della composizione

V.G.M.G. Ospedale Psichiatrico 7-09-1939

Gentilissimo Signor Dottore,

questa lettera gli scrivo a lui Antonio per dirgli che sono assai stanca di stare qui nell’Ospedale di psichiatrico perchè invece di stare meglio sto peggio perchè quando sono calma mi fanno agitare facendo credere che vada a casa invece rimango di più, perchè voi avete fatto le carte di entrata, e adesso non di uscita per incontrare il matrimonio verso la felicità con un giovanotto con gli occhi blu e capelli castagni di nome Savic amico di Matteo.

Si o no voglio la risposta hai compreso.

La domenica signor Antonio che cosa fai telefono forse Claudio ossia Andrea sempre medesimo nome di farmi morire oppure di portare al cimitero ben viva e sepelirmi così davanti agli occhi di Savic perchè non ha so erto abbastanza.

È così duro far capire al Dottore la mia vera vita leggi (il libro dei piccoli martiri)

Antonio caro mi raccomando se vai in chiesa di pregare Iddio di uscire più presto possibile di questo maledetto manicomio hai capito, portare fuori di qua lui Dottore Antonio e Savic.

Tre e basta. Presto possibile altrimenti mi ne vado fuori da me sola, perchè non vado a dormire nelle pensionante come una povera orfanella, e dispresiata infermiera, perchè manca lui e c’è troppa gelosia.

Parti subito di improviso trovati qui a alle ore quattro in casa di dottor Claudio prima di lunedì.

Parti subito presto che voglio usci di qua, sono stanca.

Ricordo il regalo di 14 Settembre e non 18

L’inferno è rosso il manicomio è giallo come Francia e Parigi, non fa le orecchie di mercante benchè c’è la guerra di Tommaso, voi oppure Tommaso verrà a tirarmi fuori di qua.

Finito. Tutte le domeniche avrai una lettera da me affinchè abbia la risposta.

Saluti cordiali a Voi Antonio.

Saluti e baci

Annalisa

L’inferno è rosso il manicomio è giallo come Francia e Parigi. Capacità di sintesi straordinaria: La cromia del rosso contiene il giallo, come il perimetro della Francia contiene Parigi. Esattamente come l’inferno ha al suo interno il manicomio.

Annalisa non uscirà mai dal manicomio e cercherà di contrastare la sofferenza aggrappandosi all’amore, antidoto per la solitudine e l’esclusione.

Ho scritto un ebook sulla produzione di Annalisa dal titolo Perdona il Mal Scritto – Lettere di Annalisa (1938 – 1941).
Scaricalo, è gratuito, costa soltanto una condivisione.


2. O. Fallo subito

Lettere mai spedite manicomio O

O. ha un corpus totale di 6 lettere, tutte senza data. Dentro una di queste, alcuni ritagli di giornale.

“Fallo davvero. Non pensare ai soldi. Capito. Fallo subito.”

Le mie mani si bloccarono mentre guardavo ancora quel piccolo pezzo di carta di giornale uscire insieme ad altri due ritagli, sempre strappati a mano e che riportavano i contatti di due esperti psichiatri, da una piccola busta, tale era il peso emotivo.

O. si rivolge al padre lamentando l’assenza di risposta e sollecitandolo a fare in modo di tornare a casa, desiderio che accomuna tutta quell’umanità rinchiusa in manicomio che si rivolgeva alla famiglia attraverso l’epistolario.

Non ricevendo risposta cerca di convincerlo a riportarla a casa per morire, come ha fatto un suo concittadino con la moglie malata.

Non so se O. sia ritornata a casa oppure sia morta in manicomio, penso che l’epilogo in una storia come questa non sia fondamentale perché dobbiamo focalizzarci sulla richiesta drammatica del ritorno a casa, anche solo per esalare l’ultimo respiro.

Guardare il soffitto della nostra camera per l’ultima volta.
Incrociare gli occhi del padre l’ultima volta.
Toccare la coperta con le migliaia di ricettori presenti nelle nostra dita per l’ultima volta.

E l’assenza di data non fa altro che rendere la narrazione ancora più drammatica: espressione di sofferenza senza tempo.

Qui di seguito la trascrizione di una delle 6 lettere, l’unica datata: 30 Ottobre 1940

Caro Babbo

Vengo a Te con questo mio scritto perché desidero tanto a Vederti. E sapere come e la casa e che ce.

Babbo fai tutto quello che puoi per venire subito da me che o bisogno tanto di parlarti.

Pensa che ti o sempre voluto tanto bene e forse tu se non me lo vorrai dire avrai sentito la mia mancanzaEri tanto religioso. Che alle volte scridavi o almeno borbottavi perché dicevi che non mi avevi mai visto a preghare ne me ne Tuo figlio, Allora Babbo Vai Da Padre (X) e ci vai a dire dove ero tutte e sere e la domenica dove la passavo lui Ti dirà, Se tu non poi farmi uscire Io i morire qua non avrò intenzione

Parla con Il Parroco. Per potermi venire a prendere. Ci sono le suore Li che a preso Lui Che tengono una bambina che paga solo £ 50 al mese. Sai e la figlia  della lavandaia esce al ospedale e bella che mezza morta l’ai fatta venire a casa del ospedale che e spirata nel suo letto spero non vorrai negarmi di venirmi a prende. Ve la moglie del ortolano sua moglie e morta tisica, se vai da lui ti insegna a farmi uscire perché era al ospedale a morire ce l’anno data a casa.

Allora Babbo ti aspetto non trovare scuse

Baci Tua O.

Mi distrugge sapere che ho aperto io invece di suo padre questa lettera. 80 anni dopo averla scritta.
Mi distrugge sapere che le sue parole non siano state ascoltate da nessuno.

Ma mi solleva sapere che O. adesso sia libera. E che le sue parole siano finalmente fuori dal quel carcere della busta chiusa dentro una cartella clinica.


4. ML. 500 pezzi in 5 anni

ML meriterebbe un capitolo a sé: grafomane, è stata ricoverata in manicomio dal 1934 al 1939.
In questi 5 anni produce più di 500 contenuti testuali e dimostra di conoscere anche l’inglese e il francese, oltre ovviamente all’italiano.

ML scrive ovunque abbia possibilità: fra l’interlinea dei suoi stessi testi ai fogli della cioccolata.

Testi composti da un vocabolario estremamente ricco che ci offrono un vero esempio di cronaca di vita manicomiale con uan gestione dello spazio estremamente creativo.
Patrimonio culturale, artistico e letterario.

Nel manicomio per legge è obbligatorio tenere i pazzi, i maniaci e i deficienti per le cure. In periodo confirmato i cronici pazzi e solo i maniaci deficienti pericolosi a loro stessi o ad altri.
Io non fui mai maniaca né pericolosa, né agitata. Alla (asjhfauhiu Inconprensibile) cosa possono dire di me) Mi fecero la puntura lombare dicendomi che fa sempre bene alla donna. Mandai a dire ai medici che se la facessero loro la puntura lombare e che non ero malata perciò non bisognosa di alcuna cura.

Temendo altre scriteriate cure avvisai i di nascosto che non intendevo esporre la mia pelle in cure inutili.
E infatti non mi fecero più nessuna cura, né calmanti avendomi trovata anche troppo calma.

Ero solamente spaventata

Non ho mai visto e letto niente di simile. Mai.


3. DO. Poesia e macchina da scrivere

lettere mai spedite manicomio DO

Di DO sono conservati dei fogli e un quaderno, un rudimentale libro di testi scritti a mano, a macchina e ritagli di giornali e riviste.

Ho digitalizzato quel patrimonio cercando di orientarmi sulla logica di composizione delle pagine: una sinfonia di elementi che rende questo volume un qualcosa di indefinito fra arte, collage, diario o rivista.

Pezzi scritti con una manualità fragile si mischiano a pagine composte con macchina da scrivere in colore rosso, tutte incollate in una pagina spillata nel lato corto con due modalità di lettura: girando il quaderno, e partendo dal fondo, abbiamo una composizione diversa. Mi soffermo su questo primo pezzo, scritto a mano, per la qualità della lirica e del contenuto.

Uno sciocco non ha mai stoffa abbastanza per essere buono
Si può essere più furbo di un altro ma non di tutti gli altri
E meglio star zitti ed essere preso per cretino da qualcuno, che parlare e farlo sapere a tutti.

Per far ciò bisogna essere dei signori.
Chi diffama l’avversario non può essere che un dbfsjdfisjdfj (illeggibile)
Il tempo è un avido giocatore che vince senza barare

Il tempo è un avido giocatore che vince senza barare. 10 parole. Capolavoro. Sintesi perfetta.
Il tempo non ha bisogno di ingannare qualcuno per ottenere ciò che vuole, deve soltanto scorrere. Deve soltanto andare avanti.

Sfogliando le ricche pagine del “libro” mi sono imbattuto anche in un’altra splendida composizione, datata 7 Gennaio 1951

Una giornata del I947 eravamo a colazione, e tu pronunciasti questa frase “””ma chi c’è al mondo, più fortunati di noi due?!””

Non mi ricordo la risposta che ho dato, ma ricordo che hò pensato; ecco un ragazzo che non hà conosciuto la sofferenza, e che perciò non può conoscere completamente la vita.
Vorrei, che non conoscesse la sofferenza, ma come mio amico vorrei che conoscesse completamente la vita

Mi sono forzato anni per farti capire ma nulla e valso. Se le mie parole ti fossero entrate in testa, non sarebbe successo niente.
La vita mi e sempre stata dura, negli ultimi tempi sembrava che il destino avesse con mè un fatto personale.

Dopo il tuo aiuto morale, mi trovo come nell’inferno di “Sartre” in una camera oscura a porte chiuse dalle quali non si può evadere, in cul si e condannati a soffrire per la colpa degli altri.
Mi sembra di essere un uomo schiacciato, che non grida aiuto perchè, tanto nessuno più accorre. E tutto questo, per volonta tua.

A volte penso; ma perchè mi hanno insegnato tante fole, sulla bontà, sull’onestà, e sull’amore umano?..

Quando per vivere in questo mando che è fatto di disonestà, e di frode, l’onesta e l’amore umano sono ignorati?
Sè un giorno qualcuno mi aiuterà a mettermi sulla retta via. Io stesso le descriverò il significato dell’uomo che non grida aiuto
perché nessuno più accorre.

Lucido, tagliente e contemporaneo. Le parole di DO ci mostrano in maniera nitida uno spaccato autentico di realtà: dalla sofferenza come componente fondamentale della vita all’“uomo che non grida aiuto perché nessuno più accorre”, ritratto di una contemporaneità sempre più passiva.


Gli autori di queste lettere non si leggono, si liberano.

Il tempo che noi dedichiamo alla lettura e allo studio di questi testi permette alle parole di volare e trovare nuovi spazi dentro il nostro cuore, dentro le nostre coscienze, dentro le nostre paure.

Diffondere questi testi, estrarre le lettere dal corpus originale, non vuol essere una mancanza di rispetto verso l’autore bensì la possibilità di ricostruire la sua esistenza e di divulgare la loro storia. Per smuovere animi, far conoscere la storia e tutelarne la memoria.

E se queste parole fossero in grado di seminare un dubbio, una curiosità in chi legge oppure che portino un lettore ad avvicinarsi alla salute mentale, vuol dire che le esistenze degli autori non sono da considerare come vite sprecate dentro le mura del manicomio.

Perché il mondo ha bisogno di queste voci. Di questi flussi grammaticali creativi come canti.

Canti che trasformano la sofferenza in azione. In Rivoluzione.

Canti minuscoli nello spettacolo dell’invisibile.

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Un commento su “Canti minuscoli. L’alfabeto degli invisibili”

  1. Sono contento estremamente per la sensibilità che nasce da parole da sentire.. e che se colte nelle loro semplicità di natura umana, si possa avvicinare la propria mente e l’esistenza in luoghi troppo lontani e comuni allo stesso tempo.. La bellezza di ogni singola cosa è nella loro stessa vita che esprime, come le parole che si possono dire e quelle che sono vere e proprie esempi di autenticità

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