“No, io non sarò mai tua moglie. Non posso farlo. Sono tua figlia e non sarò mai tua moglie”.
Non sappiamo con esattezza le parole che Dinfna pronunciò di fronte a suo padre ma possiamo immaginare il rumore della spada che lui sfoderò nel freddo silenzio di una chiesa del Belgio.
Possiamo immaginare la potenza dello sguardo, fiero e sicuro, della quindicenne ragazza mentre suo padre stava per scagliare la spada alla sua gola. Perchè dentro quello sguardo si nascondeva un’anima che non ha ceduto alle folli richieste di un genitore.
E da lì il martirio.
Questo è l’epilogo di una storia incredibile, una storia fatta di amore, fede, coraggio e follia.
Ma per scoprire l’inizio bisogna fare un passo indietro.
Irlanda. VII Secolo.
Nelle splendide e incontaminate vallate nacque una bambina di nome Dinfna dal padre Damon, un re pagano, e dalla madre ignota di cui conosciamo solo la fede: Cristiana.
Di nascosto dal padre infatti, la madre con l’appoggio del prete Gerebernus, decise di battezzare la figlia.
Gli anni passarono e il rapporto fra Dinfna e Gerebernus divenne più solido. Poi, 14 anni dopo la sua nascita, accade qualcosa di tragico: la madre morì e Damon non riusci ad affrontare il dolore.
Aveva perso la donna più bella che avesse mai conosciuto, non poteva accettare la sorte, doveva trovare un rimedio. Doveva trovare un’altra donna uguale a sua moglie. E così, pazzo dal dolore, Damon sguinzagliò i suoi cortigiani per l’occidente alla ricerca di una possibile sostituta della scomparsa regina.
La ricerca non diede esito positivo e Damon crollò ancora di più in una spirale di dolore e tristezza. Alla fine un consigliere gli propose qualcosa di subdolo: gli fece notare come sua figlia Dinfna fosse tale e quale alla madre e che non c’era bisogno di cercare altrove. La sua futura moglie sarebbe stato proprio sua figlia.
Damon fu accecato dal desiderio e decise di seguire la proposta: sposare la figlia per continuare la storia d’amore con la madre. Dinfna, in un misto di paura e angoscia, rifutò la folle proposta del padre e, con l’aiuto del prete, organizzò una fuga verso l’Europa.
Aspettarono il momento propizio e partirono. In silenzio. 2 persone guidate da 1 sola fede. Varcarono il mare, arrivarono ad Anversa e si diressero verso la piccola cittadina di Geel, in Belgio.
Ma Damon non accettò la fuga silenziosa della figlia e futura moglie, prese la spada e, con alcuni suoi uomini, si lanciò all’inseguimento dei fuggiaschi. Non era facile trovare la città dove i 2 si fossero fermati ma al re pagano capitò un gran colpo di fortuna: alcuni suoi uomini si fermarono in una taverna e l’oste, dopo aver visto le monete, si sentì libero di indicare dove le altre persone, che avevano pagato con la stessa moneta, si erano dirette.
Quindi il re era vicino. E la ricerca si fece più intensa. Serrata. Porta per porta. Fino a quella della Cappella di San Martino. Nel silenzio della preghiera il boato della porta che si spalancò. Il rumore interruppe le preghiere di Dinfna e Gerebernus e, quando si voltarono per vedere chi ci fosse, videro avvicinarsi Damon.
Sguainò la spada. Colpì il prete. Gli afferrò la testa e lo decapitò. Poi rimise nel fodero l’arma e si diresse verso Dinfna.
“Hai visto, alla fine sono riuscito a trovarti. Te lo chiedo per l’ultima volta: Vuoi sposarmi?”
Dinfna rifiutò quell’orrore, non sappiamo con esattezza le parole pronunciò di fronte a suo padre ma possiamo immaginare il rumore della spada che lui sfoderò nel freddo silenzio di una chiesa del Belgio. E così Dinfna fu decapitata all’età di 15 anni per non aver ceduto alle richieste di un padre folle che vedeva nel volto della figlia quello di sua moglie.
La storia, o meglio leggenda, di Santa Dinfna si è tramandata oralmente fino alla prima metà del 1200 dove fu trascritta da Petrus Van Kamerijk nel Vita Sancta Dimpnae. Ma quello che voglio raccontarti non si conclude con la storia ma inizia proprio con questa storia.
La storia del Miracolo di Santa Dinfna.
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Ben presto Geel diventò luogo di culto per la martire e molti riportarono un fatto “miracoloso”: in quella città guarirono persone dalla malattia mentale grazie alla Santa. E così, a poco a poco, il piccolo paese di Geel si rese protagonista di un grande esodo di folli dalle città vicine in attesa del miracolo.
La comunità ecclesiastica locale, certa di non poter reggere un numero così consistente di persone, chiese aiuto alla popolazione suggerendo ospitalità in attesa del “miracolo”.
Ma nessuno avrebbe immaginato che il miracolo fosse proprio quello.
I cittadini, appena arrivarono i “folli”, si mobilitarono subito: chi gli ospitò in casa e chi si fece aiutare nel lavoro.
Senza catene. Senza contenzione. E in breve tempo si creò un equilibro che durò nel tempo. Fino ai giorni nostri. Fino a diventare oggetto di studio.
Geel, la città che ha sfidato le meccaniche del manicomio e ha creato una rete aperta di inclusione.
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Entrò tanto nell’immaginario collettivo la storia della città che, nel 1879, il padre di Van Gogh pensò di mandare là anche suo figlio nella speranza di poterlo guarire dalla “follia”.
Era un antimanicomio dove sono state sostituite le catene con l’inclusione e il lavoro. E la popolarità di questa città salì al punto da diventare un vero e proprio modello di riferimento.
Ecco il miracolo di Santa Dinfna, divenuta patrona dei malati di mente.
Quasi casualmente, gli abitanti della città hanno ridato uno scopo a queste persone. Gli hanno ridato la speranza. Gli hanno dato nuove famiglie. Nuovi amici. Nuove relazioni.
Con la spontaneità che solo le piccole comunità riescono a offrire, hanno dimostrato al mondo che siamo tutte persone. Che tutti abbiamo bisogno di un aiuto. Che non bisogna avere paura. E che il calore umano è capace di grandissime cose.
E questo lo considero il più grande dono che ci ha offerto Santa Dinfna.