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Fra coraggio e ricordi dentro il manicomio di Vercelli

Tutto è pronto per spingermi ancora più in là.

Piemonte, Vercelli. Il manicomio di Vercelli. L’emozione si fa sentire.
Viaggio comodamente in treno, macchina fotografica, cavalletto e adrenalina. Tutto è pronto.

Guardo fuori dal finestrino con quell’emozione tipica che ci prende dal cuore fino alla gola, come se un oggetto invisibile ci facesse pressione sul petto facendoci perdere il respiro. Ma allo stesso tempo regalandoci piacere. Perchè, anche se non lo vogliamo, tutto parte dal cuore.

[Tweet “Perchè, anche se non lo vogliamo, tutto parte dal cuore.”]

Mi accompagnano in un ufficio per fare le dovute presentazioni alla persona che ha accettato la mia richiesta per fotografare il vecchio manicomio. Un incontro incredibile che è iniziato con questa frase:

“Non ti ci attaccare troppo al manicomio, cerca di viverlo con distacco. Potresti legarti troppo”.

Rimango spiazzato. Il suo era un avvertimento. Non legarti troppo al manicomio. Come se immergersi in quella realtà ci allontanasse dal mondo reale. Come se immergersi in quella realtà ci potesse far sentire responsabili di qualcosa. O forse era soltanto per mantenere uno sguardo lucido su quel mondo? Era già legato a quella realtà ma quella frase segnava come un limite. Che non andava passato.

Incrocio il suo sguardo. Solido. Di quelli carichi di energia. Di quelli carichi di una sensazione che non so come chiamare.
Poi esclama:

“Sono molto felice che lei sia qui, il suo lavoro fotografico documenterà il nostro superamento del manicomio.”

Ecco cos’era quella sensazione che vedevo nel suo sguardo. Era Orgoglio. Loro avevano superato il manicomio e volevano mostrarlo a tutti, senza rabbia, senza paura. Con orgoglio. Avevano superato quella realtà e questo passaggio andava raccontato.

[Tweet “L’orgoglio del superamento del manicomio”]

Mia accompagnano nei tetri e polverosi corridoi del manicomio, dove la vegetazione è entrata quasi ovunque. Come se l’uomo fosse un inquilino momentaneo di questo mondo.

Camminiamo fra le celle di contenzione, fra le stanze vuote e, mentre il nostro viaggio volge quasi a termine, la guida mi racconta una storia: quando era una giovane infermiera conobbe un paziente alcolista che si lamentava sempre che non ci fosse nessuno a casa sua per poter dar da bere a tutti i suoi animali. Lei non sapeva che fare, credergli oppure no?
Un giorno, dopo l’ennesimo lamento, decise di farsi dare l’indirizzo e di andare nella sua abitazione a dissetare quelle bestie.

Una volta arrivata si trovò di fronte a tutti gli animali che il paziente diceva. Rimase molto colpita. L’uomo aveva ragione.
Li dissetò e torno indietro.

Mi disse molto toccata che quando l’uomo fu dimesso tornò immediatamente a casa sua e, poco tempo dopo, le spedì per riconoscenza una pelle di animale. Quel regalò la toccò nell’anima: l’uomo diceva il vero, aveva bisogno d’aiuto per i suoi animali.
In fondo lei l’aveva semplicemente ascoltato, nonostante il manicomio.

Orgoglio e ricordi. Questo è il manicomio di Vercelli.
Perchè in fondo, anche se non lo sappiamo, tutto viene dal cuore.

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2 commenti su “Fra coraggio e ricordi dentro il manicomio di Vercelli”

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