“Perchè fotografare manicomi?”
Questa è la domanda che ho ricevuto più frequentemente.
Non cosa ho trovato nei luoghi abbandonati. Non perchè ho scelto questo genere fotografico a differenza di altri.
Nessuna di queste domande.
E quale miglior posto se non il mio blog per rispondere virtualmente a chi ancora si sta chiedendo: perchè fotografare i manicomi?
Sono passati diversi anni da quando sono entrato in contatto con il sito di Henk Van Rensbergen ABANDON PLACES dove mi ha fatto scoprire il fascino degli edifici abbandonati. Fu amore. La possibilità di scoprire questi luoghi e di poterli raccontare attraverso la fotografia era veramente affascinante, potente. Iniziano così le prime ricerche di luoghi abbandonati.
Non mi sentivo attratto dagli ambienti troppo freddi delle fabbriche dismesse, ero alla ricerca di qualcosa di diverso: ero alla ricerca del lato umano che si poteva trovare nei luoghi abbandonati. In quei luoghi le persone potevano starci al massimo 8/12 ore, un tempo non sufficiente per poter lasciare le emozioni dentro l’ambiente.
Durante una piccolo viaggio a Volterra entrai in contatto con il vecchio manicomio: e da lì è nato tutto.
Era quello il genere di luogo che cercavo, erano quelle le sensazioni che volevo catturare con gli scatti, erano quelle le strutture che più di altre riuscivano a trattenere quel lato umano che popolava il suo interno. Nei manicomi le persone non lavoravano e basta ma vivevano, speravano, soffrivano, amavano, lottavano, creavano, sognavano. Tutte sensazioni che la struttura riusciva a custodire gelosamente all’interno delle proprie mura. Luoghi popolati da storie ed emozioni. Che andavano assolutamente raccontate.
[Tweet “Fotografare manicomi come ricerca del lato umano nascosto al suo interno”]
Io, classe 1980, sono nato in un epoca “ufficialmente” senza manicomi ma volevo conoscere quelle storie che si nascondono dietro ogni struttura. Mi metto alla ricerca individuando prima il luogo e poi la persona a cui inviare i permessi per poter fotografare. Mi sono voluto muovere così, accompagnato da chi conoscesse quel luogo, per rendermi partecipe di tutte le sue storie, per arricchire i miei scatti con il passato della struttura. E così manicomio dopo manicomio.
Ogni luogo poteva sembrare simile all’altro ma niente era più sbagliato. Ogni luogo era una storia a sè, con le sue emozioni, con i suoi oggetti, con le sue PERSISTENZE capaci di renderlo unico.
Questa ricerca continua ancora oggi. Anche se ci sono meno luoghi da fotografare. Anche se il tempo ha quasi distrutto tutto.
Su questo blog PERSISTENZE continua con le parole: condividendo con voi lettori le storie che mi hanno raccontato e che ho vissuto all’interno di questi luoghi.
Forse la vera risposta alla domanda “perchè fotografare manicomi” è che non ho ancora trovato un buon motivo per non farlo.