Me lo ricordo ancora. Come fosse ieri.
Me lo ricordo ancora quel giorno in cui ho preparato la borsa, tirato un bel respiro perchè il mio cuore era carico di emozione, curiosità ed energia. Mi ricordo lo sguardo curioso che ho lanciato fuori dalla macchina mentre mi avvicinavo verso l’immenso manicomio di Lucca.
Era la prima prima volta di PERSISTENZE.
Ricordo le sue stanze vuote, quei colori alle pareti, la solitudine. Ricordo il rumore dei passi, la luce che entrava dalle finestre. Ricordo il silenzio. E da lì che è cominciato il mio cammino.
Luogo dopo luogo. Scatto dopo scatto. Gli ricordo tutti.
Sono passati 8 anni. Cose c’è in questi 8 anni di fotografie dentro manicomi abbandonati? Ci sono sorrisi, emozioni, passi nella polvere, scatti, difficoltà ma anche speranze, ci sono disagi, c’è perseveranza, c’è amarezza, rabbia ma soprattutto c’è amore.
Proprio in questi giorni mi son fermato a pensare, cosa rimane oggi di questi luoghi? E su questa domanda devo ammettere che ho avuto difficoltà a rispondere: molti dei luoghi che ho fotografato e che potete vedere nel progetto PERSISTENZE non esistono più, altri sono stati vandalizzati all’estremo.
Quelle pareti spoglie con quei colori “istituzionali”, tipici per la loro freddezza, oggi spesso li troviamo pieni di murales o scritte.
Molte strutture hanno smesso di lottare contro il tempo iniziando a cedere.
Che sia una battaglia impari contro il tempo quella che facciamo? Che sia una battaglia impari cercare strutture che un giorno non potranno più esistere e che non saranno sostituite da nuove? Il tempo va avanti, sia per noi che per i luoghi che fotografiamo. Rincorriamo questi “monumenti” di storia prima che il tempo cancelli tutto, per sempre.
Viene rabbia, arrendevolezza, impotenza verso il tempo. Ma alla fine è proprio questo il bello: il tempo può essere il nostro nemico ma anche il nostro più grande alleato. E’ proprio il tempo che rende importanti queste ricerche, è proprio il tempo che da il valore aggiunto a chi fa foto di abbandono, è proprio il tempo che ci costringe a guardare con occhi nuovi il prossimo luogo che cercheremo di fotografare: con uno sguardo d’amore.
Amore verso quel qualcosa che un giorno non ci sarà più, che probabilmente non riusciremo mai più fotografare, e che dobbiamo cercare di tenere vivo grazie ai nostri scatti.
Perchè il tempo porta via tutte le cose. Omnia Fert Aetas, diceva Virgilio.
Foto – Ex Manicomio di Vercelli