Continuavo a guardare fuori dal finestrino. Come un piccolo cucciolo di cane che fa il suo primo giro in macchina. Come un bambino al suo primo viaggio. In effetti era un pò così: Maggiano, il mio primo manicomio. Non volevo perdermi nessun dettaglio. Perchè la meta è solo una parte del viaggio. Strada vuota. In salita. E foglie. Foglie ovunque. Saliamo su per la collina circondata di verde verso il grande e storico manicomio di Lucca.
Siamo arrivati. La macchina si ferma e scendiamo. L’area è recintata e mi dicono che hanno anche telecamere nascoste per evitare l’ingresso dei vandali. Prima l’esterno aveva paura del manicomio, oggi è proprio quel che resta del manicomio ad aver paura dell’esterno. Vandali che potrebbero cancellare la loro identità, vandali che potrebbero cancellare la loro storia.
Muovo i primi passi dentro quest’imponente ex manicomio: il silenzio mi accompagna in questo viaggio. Vedo Arte e penso al ruolo importante che ha avuto fra queste mura: musica e pittura come strumenti di espressione. Basti pensare al festival musicale che si svolgeva una volta l’anno dentro questa struttura dove pazienti-cantanti si esibivano in brani scritti da pazienti-autori. L’arte come viaggio fuori dalle mura del manicomio. E poi ci sono i quadri. Le opere realizzate pazienti ora chiuse in queste stanze. Rimango colpito nel vedere questi quadri disposti in fila sugli scaffali come fossero libri dimenticati in una vecchia biblioteca. Arteterapia chiusa a chiave dentro questo luogo in attesa di una nuova destinazione. E poi quel colore, quel colore intorno a queste stanze:
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Il Giallo. Nella cromoterapia è un colore positivo, stimola la creatività, infonde energia. Questo colore è nelle stanze dove si crea.
L’arte come viaggio fuori dalle mura del manicomio.
Continuo il mio viaggio e vedo la sala con la cella di contenzione: fredda, gelida, colorata di bianco sporco. Scatto. Il cielo nuvoloso fa entrare dalla finestra una luce morbida regalandomi un’illuminazione leggera, delicata, che non altera la scena.
Rimango colpito da questa cella, le sue pareti poco più grandi della porta che avevano come scopo quello di “sedare” il paziente in agitazione: la sua struttura stretta ne limitava sensibilmente i movimenti e induceva il paziente agitato a fermarsi.
Come tapparsi la bocca un attimo prima di urlare.
Continuo il viaggio e vedo la sala delle radiografie. Un vecchio strumento carico di storia, un letto che ha vissuto svariate vicende dei pazienti. Un testimone muto di racconti. Scatto. Un altro giro e poi usciamo.
Ma cosa resta oggi di questo patrimonio? Spazzato via dal tempo? No, fortunatamente hanno trovato un modo per salvarlo.
Dopo la chiusura de manicomio il quadri sono stati esposti in varie mostre, permettere a quel linguaggio di essere ascoltato attraverso lo sguardo dei visitatori. Sono riusciti a far circolare la loro comunicazione. Un ringraziamento all‘Associazione culturale Archimede per il lavoro svolto nel tutelare la memoria di questo luogo.
La Fondazione Mario Tobino ha inoltre rilevato parte della struttura e l’ha destinata a museo permettendo di effettuare visite guidate al suo interno e nella residenza di quello che fu il suo direttore, Mario Tobino.
Un museo per farci conoscere questa storia e soprattutto, per non farcela dimenticare.
Foto: Stanza con quadri all’interno del manicomio di Maggiano