Esteticamente impeccabile.
Metodico e preciso. Ogni lettera fatta con la corretta pressione per non distruggere l’intonaco.
La fibbia del panciotto corre sulla parete, scrive parole, numeri, crea disegni e nuove forme di comunicazione.
Metodico e preciso, ogni pagina riquadrata dentro uno spazio variabile.
Ogni lettera fatta con la corretta pressione per non distruggere l’intonaco.
È la mia prima volta nel manicomio di Volterra e rimango letteralmente paralizzato davanti al capolavoro di Art Brut di Nannetti Oreste Fernando, in arte NOF.
Trasferito al manicomio di Volterra da quello di Roma nel 1958, Nannetti passerà la vita nel complesso toscano nella più completa solitudine, in quel silenzio tipico dell’esclusione manicomiale. Nannetti sceglie così di comunicare senza abbandonare il silenzio. Senza parole da ascoltare ma con lettere da leggere.
Fotografare il graffito di Volterra è stata un’esperienza unica, sia perché ci accorgiamo di essere di fronte ad un capolavoro fragile che il tempo può cancellare per sempre, che perché stiamo immortalando la più grande forma di comunicazione messa in piedi da un paziente psichiatrico.
Nessuno, oltre Nannetti, ha prodotto un simile capolavoro artistico di questo genere.
180 Metri di libro. 180. Esattamente come la legge che ha chiuso i manicomi.
Raccontare la necessità comunicativa di Nannetti con una fotografia, è possibile?
Lo scatto a cui sono più legato, e che mi ha insegnato molto sulla tua tenacia, è quello che troverai qua sotto.
Ti suggerisco di guardare questo scatto e poi focalizzare la tua attenzione su quei semicerchi vuoti che trovi in basso a sinistra. Se hai difficoltà ad individuarli, ti mostro questa porzione recuperata per intero, attualmente conservata presso il Museo del Manicomio di Volterra.
Hai individuato questi spazi vuoti nella foto? Perfetto.
Quello che sto per raccontarti è un dettaglio molto importante, che ammetto di non aver conosciuto al momento dello scatto, ma che incarna una vera e propria storia.
Questa porzione di graffito era in prossimità di una panchina dove facevano sedere i pazienti catatonici. NOF, arrivando in prossimità di queste persone impossibilitate a muoversi, scriveva intorno alla loro testa.
Lo spazio vuoto che vedi era occupato dalle teste di questi pazienti.
Come ti ho anticipato, al momento dello scatto non sapevo di questo particolare: questo particolare sono riuscito a scoprirlo dopo aver visto una mostra su Nannetti. Cercai immediatamente quell’immagine fra le foto che avevo fatto a Volterra, sperando con tutto me stesso di averla scattata.
Ho sofferto, l’ammetto. Avevo paura di non essere riuscito a catturare quel particolare e aver perso per sempre la possibilità di raccontare.
Perché questa ci offre la fotografia: ci regala la possibilità di raccontare storie che le persone non conoscono, ci regala la possibilità di condividere emozioni che non hanno vissuto, ci regala la possibilità di rendere eterne storie che potrebbero scomparire.
Nannetti morirà a Volterra nel 1994.
Ma il graffito racconterà la sua storia per sempre.
La storia di Nannettaicus meccanicus, Santo con cellula fotoelettrica*
Prima pubblicazione: 7 Dic, 2013
Revisione: 22 Gen, 2020
* Definizione trascritta da un particolare del Graffito, presente nella pubblicazione Il libro della Vita, Pacini Editore Pisa
3 commenti su “Dietro lo scatto: il graffito del manicomio di Volterra”
È fantastico! In questa testimonianza storica, diventa quasi più importante quello che non c’è, che quasi predomina quello che l’autore voleva testimoniare.
Inconsapevolmente ci ha raccontato molto di più di quanto volesse fare. E tu, con la sensibilità che ti contraddistingue e che ormai sto imparando ad apprezzare sempre di più, l’hai reso indelebile.
Sempre grazie
c’erano anche le panchine, l’effetto della salita sulla panchina lo si può vedere nella 4° foto del set di Volterra qua https://www.giacomodoni.com/persistenze/manicomio-di-volterra/
Mentre i catatonici, che erano fermi seduti sulle panchine, restavano fermi durante l’incisione di NOF.
Grazie per il commento 🙂
quindi le persone che erano sedute si riempivano la testa di calcinacci? forse c’erano delle panchine dove saliva e scendeva…