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PERSISTENZE – Manicomio di Volterra

Volterra, un piccolo gioiello che sorge sulle colline toscane, ospita nel suo verde il più grande complesso manicomiale toscano.

L’aria era fresca. Pulita. Di quelle che si respirano sulle colline. Il suono dei rami secchi che si spezzavano sotto i nostri passi ci tenevano compagnia mentre ci dirigevamo a visitare il primo padiglione del manicomio, il Maragliano.

“Toc, toc, c’è nessuno?” esclama la guida che era con me. Gesto strano che inaugura la mia visita al manicomio.

Questa piccola struttura ospitava il sanatorio che era destinata alla cura delle malattie polmonari. Poche stanze raccontano la storia del Maragliano e versano anche in un profondo stato di abbandono. Lo scena più forte che mi sono trovato davanti è senza dubbio la finestra con i fori. Scatto e ci allontaniamo dalla struttura. Poco più avanti si trova il Ferri. Il famoso Ferri. Il padiglione giudiziario famoso per il graffito di NOF.

All’esterno di questa struttura per ben 180 mt. si trova il graffito eseguito interamente con la fibbia del panciotto dal paziente Nannetti Oreste Ferdinando, in arte NOF.

[Tweet “Il graffito di Volterra come manifesto del disagio del manicomio”]

Un libro. Uno diaro. Uno sfogo che corre tutto lungo le pareti della struttura. Un manifesto del disagio. Della mancanza di comunicazione. Un’opera veritiera sulla natura dell’uomo.

Scatto, scatto e ancora scatto cercando di catturare un pensiero, una parola. Fotografo questo suo percorso, catturando parole e spazi vuoti in questo enorme libro di pietra. Emozionante vedere il graffito, anche se purtroppo in condizioni pessime. Dopo essere stato protagonista di una mostra di Art Brut a Losanna, finalmente oggi il graffito può vantare di un restauro.
Per tenere in vita i pensieri di NOF.
Per tenere in vita l’arte di NOF.

Concludo il viaggio con la visita allo Charcot, struttura internamente più moderna, infatti è stata l’ultima ad essere stata chiusa in questo complesso dopo la legge 180. Un magazzino di quella storia post 180 di quei manicomi che hanno provato a cambiare faccia, prima della definitiva chiusura. Dello Charcot la foto qua in alto. Ma le sorprese non sono finite.

“Vieni che ti faccio vedere una cosa” continua la guida mentre ci allontaniamo dal complesso.

Mi porta nel suo ufficio. “Guarda, lo sai cosa sono queste” porgendomi una piccola teca.

Monete.
Monete mai viste.
“Queste sono le monete del circolavano all’interno del manicomio, era talmente autonomo e isolato che al suo interno aveva un vero e proprio conio”.

Particolare terrificante. Isolamento totale. Nelle monete il particolare delle 3 lettere OPV: Ospedale Psichiatrico Volterra.

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2 commenti su “PERSISTENZE – Manicomio di Volterra”

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